- Uccidetemi! - disse la povera bestiola, e chinò il capo verso lo specchio dell'acqua aspettando la morte... Ma che cosa vide mai nell'acqua chiara? 
Vide sotto di sè la sua propria immagine; e non l'immagine di un brutto uccello tozzo e grigiastro, orribile a vedersi; ma quella di un candido cigno.
Che importa l'esser nati nel cortile delle anitre, quando si esce da un uovo di cigno?

C.H. Andersen, Il brutto anatroccolo,Quaranta novelle, Hoepli 1952, illustrazione di Vittorio Accornero

Buon compleanno,Convenzione



Nevicava il 20 novembre 1989 a New York.

Una neve leggera e sottile come piccole piume candide che anticipava gli 11 centimetri che sarebbero caduti un paio di giorni dopo, coprendo precocemente Central Park con una coperta gelida e stabilendo un record. 

Chissà quanti Hansel e Gretel, quanti Pollicino si sono stretti ai loro cappotti ed al braccio sicuro della mamma quel giorno di 25 anni fa e quanti, soli e sorpresi da quel gelo, abbiano affrettato il passo in cerca di un riparo di fortuna. 
A New York ed altrove. 

Immaginiamo che tra loro vi fosse una piccola fiammiferaia che con l’ultimo fiammifero abbia espresso il desiderio di un mondo in cui i bimbi, tutti i bimbi, fossero protetti, ascoltati, al sicuro.  

E fu allora, come per magia, che nel grande Palazzo di vetro in cui i fiocchi riflettendosi parevano centuplicarsi e cadendo sorridere, guardandosi riflessi per la prima volta, che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la Convenzione sui diritti dell’infanzia grazie alla quale tutte le nazioni del mondo riconoscevano che ‘il fanciullo (…) deve crescere in un ambiente familiare, in un clima di felicità, di amore e di comprensione’ che deve essere educato nello spirito degli ideali ‘di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà’ che egli ‘necessita di una protezione e di cure particolari’.

Il desiderio della piccola era stato esaudito e sarebbe bello terminare questa che pare una fiaba con un ‘( e tutti i bimbi del mondo) vissero felici e contenti’ ma sappiamo che purtroppo non è così.


Da allora però molta strada è stata fatta: tante tra le Costituzioni successive all’approvazione della Convenzione hanno recepito i principi più importanti in essa contenuti, l’attenzione all’infanzia è aumentata, così come i finanziamenti che gli Stati hanno elargito a favore dei minori, sostenendo, attraverso la cooperazione internazionale e tramite programmi legati alla scolarizzazione, alle vaccinazioni, all’accesso all’acqua potabile, anche i bimbi che vivono in paesi in via di sviluppo o dilaniati da carestie o guerre.


Ma veniamo alla Convenzione nella quale sono racchiusi i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali riconosciuti ai bambini nel mondo che gli Stati parti si impegnano a rispettare.
La non discriminazione, il superiore interesse del bambino di cui tener conto in ogni provvedimento giuridico e azione privata o pubblica di assistenza sociale, il diritto alla vita e con essa alla sopravvivenza ed allo sviluppo, il dovere per l’adulto di ascoltare le opinioni del bambino e tenerle in considerazione in base al suo livello di maturità ed all’età, sono i principi portanti della Convenzione ratificata da quasi tutti i paesi del mondo.

Ci si chiede però quanti di questi 193 Stati promuovano, rispettino e tutelino davvero all’interno dei loro ordinamenti i diritti dell’infanzia. 
La funzione di controllo atta a verificare l’adempimento da parte degli Stati agli obblighi previsti dalla Convenzione avviene attraverso un organismo ad hoc il Comitato per i diritti del bambino.

Si tratta di un organo a carattere non giurisdizionale istituito allo scopo di esaminare i rapporti periodici ( inizialmente a 2 anni dalla ratifica poi ogni 5 anni) sull’attuazione della Convenzione che gli Stati si sono impegnati a presentare in base all’art 44.
Va detto che meccanismi di controllo di questo tipo producono dei provvedimenti che non hanno effetti vincolanti nei confronti degli Stati. 

Hanno però, nel mondo globalizzato e tecnologicamente avanzato in cui viviamo, un importante effetto politico tra gli stati stessi e rispetto all’opinione pubblica.


Resta ancora molto da fare oggi, 25 anni dopo la neve sottile e il primo fiammifero.
In Italia ad esempio solo il 13,5 % dei bambini ha accesso ai servizi per l’infanzia e agli asili nido a causa delle rette che in un tempo di recessione come quello che viviamo pesano troppo sulle famiglie e bassi sono gli investimenti a favore dell’infanzia e di tutti i servizi di cui i bambini necessitano, toccando sfere come l’educazione, la sicurezza, la salute.

E’ di nuovo caduta la neve a New York nei giorni precedenti a questo anniversario, nuovamente Central Park è stata sorpresa da 12 centimetri di neve, uno in più di allora e speriamo per tutti i bimbi del mondo che un’altra piccola fiammiferaia abbia acceso un fiammifero e sognato assieme a noi un mondo più a misura di bambino perché molti sono ancora i passi da compiere verso un lieto fine.


Pinocchio al Teatro India



Luci ambra e bianche illuminano un baule di legno grezzo, Pinocchio sorprende gli spettatori ruzzolando fuori, il viso impreziosito da una maschera di cartapesta che sembra intagliata nel legno così come quelle dei numerosi personaggi che si susseguono.

 Marionette senza fili, vittime di un incanto, ancora memori delle movenze misurate a cui erano abituate, mettono in scena se stesse con movimenti legnosi che proprio attraverso il loro rigore trasmettono il senso di una dolente umanità nella quale ci si specchia e che ipnotizza.

Sorprende scoprire al termine dello spettacolo che sono solo tre gli attori sul palco che tra cambi vertiginosi e profonda conoscenza  della lezione di Karpov,  maestro al quale lo spettacolo è dedicato, danno vita ad una dimensione altra, colma di figure inquiete e cangianti.

Queste, muovendosi in un mondo rarefatto ed algido, raccontano il viaggio iniziatico di Pinocchio verso il raggiungimento della sua umanità. 
Il  piccolo burattino appare vittima e protetto della Fata Turchina, che, in questa versione presentata da  Zaches Teatro, è una vera e propria coprotagonista della storia.

 Madre e matrigna, la Fata osserva, istruisce e guida il burattino, ella è l’emblema della dimensione  sottile e sinistra che anima l’opera; dolce ed ammaliante invita Pinocchio a superare i limiti della sua condizione di burattino eppure lo affabula prospettando una fratellanza da eterne marionette.
 La fuga dalla stretta della fata verso il padre Geppetto, grande assente dalla scena e la risposta al richiamo di Lucignolo è dunque un’altra prova per Pinocchio che ci appare quanto mai solo in un mondo di sirene ed abbagli.

L’essenzialità della scenografia di Francesco Givone rende gli spettatori  complici della creazione scenica; un minimalismo che prende per mano con eleganza bambini ed adulti in una totale sospensione dell’incredulità cosicché  un disco di carta dorata diviene il cerchio di fuoco attraverso cui Pinocchio trasformato in asino salta tra il terrore diffuso in platea ed ancora lunghi drappi bianchi illuminati di blu danno vita ad un mare burrascoso che lascia col fiato sospeso per la sorte del burattino perduto tra le onde.

Notevole l’interpretazione di Giulia Viana, Pinocchio agile e potente che lascia stupefatti gli spettatori quando svela il suo viso al termine dello spettacolo così come colpisce la sapienza espressiva di Enrica Zampetti e Gianluca Gabriele, interpreti dei restanti personaggi.

In conclusione, è apprezzabile  il modo in cui la regista sceglie di incontrare i piccoli spettatori dopo lo spettacolo, mostrando le maschere dismesse e fugando  curiosità e suggestioni dei bimbi che con gli occhi ancora pieni d’incanto vengono così accompagnati con dolcezza nel ritorno alla realtà.

Dal 30 ottobre al 2 novembre Pinocchio regia di Luana Gramegna  è in scena al Teatro India nell’ambito della rassegna  Il teatro fa grande!- spettacoli e progetti per spettatori da 0 a 99 anni-.

Pinocchio
da Carlo Collodi 
di Zaches Teatro
dedicato al Maestro Nikolaj Karpov
regia e drammaturgia di Luana Gramegna
con Gianluca Gabriele, Giulia Viana, Enrica Zampetti
scenografo e designer luci Francesco Givone - sound designer Stefano Ciardi
collaborazione alla drammaturgia Enrica Zampetti - consulenza drammaturgica Donatella Diamanti, Giorgio Testa









Ino

C’era una volta ed ancora c’è un granello di sabbia di nome Ino che viveva su una duna di fronte al mare e tutti i giorni lo guardava pieno di interrogativi.

Il cielo ed il mare… non comprendeva perché entrambi fossero blu e si tingessero di colori più cupi e più chiari contemporaneamente.
Si convinse che erano la stessa cosa e che fossero entrambi fatti d’acqua.
 I due blu sconfinati erano però costretti secondo Ino a vivere distanti per permettere al mondo di esistere e potevano sfiorarsi solo in un punto lontano lontano che una volta sentì chiamare orizzonte.
Quando la mancanza dell’uno e dell’altro era troppo forte, osservava Ino, il mare prendeva ad agitarsi e tentava con le sue alte onde di raggiungere il cielo che gli rispondeva facendo cadere un po’ di sé sulle cose del mondo, raggiungendo mare e piano piano placandolo.
Le onde e la pioggia erano il loro linguaggio segreto, il modo di dirsi che c’erano l’uno per l’altro e che prima o poi si sarebbero riuniti.
Ino si intristiva di fronte a questi pensieri, anche lui voleva appartenere a qualcuno, che per stargli accanto avrebbe alzato alte onde o fatto cadere gocce d’acqua grandi come api le quali scendevano a volte lievi altre violentissime ferendo tutto quel che incontravano. 

Essere punto dalla pioggia gli piaceva, cambiava colore, persino. Da bianco perlato la duna diveniva grigia, e lui che era in superficie accoglieva la pioggia come una benedizione che lo rendeva più pesante unendolo in un abbraccio stretto con i granelli che aveva attorno facendolo sentire per un po’ meno solo. Si convinse che l’acqua era il suo destino e che nell’acqua avrebbe trovato il suo corrispettivo, quello che il mare era per il cielo e viceversa. Ma come arrivarci? E quale acqua scegliere?

Attese lungamente finché un giorno un gabbiano si posò a un passo da lui.
“Signor Gabbiano…”
“Chi è che mi chiama?” disse  sbattendo le ali con fare stizzito.
“Oh no, non si muova così, finirebbe con lo spostarmi e non potremmo più parlare…”
Il gabbiano comprese che quella esile vocina giungeva dalla sabbia e guardandola con attenzione si accorse di un granello che si muoveva impercettibilmente permettendo al sole di colpirlo in ogni sua sfaccettatura facendolo spiccare sopra agli altri.

“Che diavoleria è questa?” esclamò.
“Da quando i granelli di sabbia parlano e si muovono!?”
“Oh beh, non mi muovo in realtà, riesco solo a girare un tantino su me stesso…lo facciamo tutti noi granelli, sa? Altrimenti il sole ci brucerebbe. Così invece non appena il caldo si fa troppo acuto ci voltiamo e poi ancora e ancora, tutto il giorno!”
“In effetti mi ero sempre chiesto se non aveste caldo…”
“Oh sì, molto e lei, Signor Gabbiano, non si brucia le ali quando vola vicino al sole?”

Il gabbiano rise: “Sciocchino di un granello! Io non volo vicino al sole…è troppo lontano, oltre il cielo.”
“Davvero? Più lontano dell’orizzonte?”
“Molto di più, piccolino, posso solo osservarlo da lontano senza toccarlo mai…“ aggiunse il gabbiano con aria malinconica.
” Bene, ora devo andare.”
“No, Signor Gabbiano, aspetti, devo chiederle un favore…”
“Dimmi, granello.”
“Vede, io mi chiamo Ino e so che c’è qualcuno che mi aspetta da qualche parte nell’acqua del cielo…sarebbe così gentile da portarmi lassù per raggiungerlo?”

Il gabbiano perplesso sospirò e disse :” Ino, sei davvero molto ingenuo. Nel cielo non c’è acqua, lassù non c’è che vento.”
“E l’acqua?” chiese il granello deluso.
“A volte il cielo si stanca di essere solo e così gioca a creare nuvole con goccioline d’acqua piccine quanto te e quando il gioco lo annoia le scioglie trasformandole in pioggia. Ma è solo come te e come me.”

“No, Signor Gabbiano, lei si sbaglia!” lo interruppe Ino.
 ”La pioggia è la carezza che il cielo fa al mare per ricordargli che un giorno si riuniranno così come io accarezzerò chi mi attende nel cielo o nel mare.”
Il gabbiano spazientito aprì le sue grandi ali: “ Che sciocchezze! Nessuno attende nessuno, la vita è un volo solitario fatto di venti favorevoli o contrari. Inoltre, Ino, non c’è acqua nel cielo né posto per te lassù, se ti portassi lì cadresti per un tempo lunghissimo e finiresti col tornare lì dove sei partito, un’altra duna, un’altra spiaggia. Ora devo andare, addio”.
E volò maestoso e solitario verso il sole senza raggiungerlo mai.


Ino pensò lungamente alle parole del grande volatile e si convinse che era il sole il compagno del gabbiano, così come il mare lo era per il cielo ma che quel gracchiante ammasso di piume forse impaurito dal lungo viaggio per raggiungerlo negava l’evidenza di quel cercarsi, del calore che il sole gli riservava quando era in volo e della dolcezza dei suoi tramonti quando facendosi meno caldo gli permetteva di avvicinarsi di più quasi chiamandolo.

“Il gabbiano ha solo paura” pensava ” Io no, so che c’è qualcuno che mi aspetta e lo raggiungerò prima o poi”.
Il tempo passava e il piccolo granello continuava a sperare di lasciare la sua duna e compiere il suo destino. Finalmente l’occasione che attendeva si materializzò sotto forma di un granchio.

“Buongiorno Signor Granchio!” disse con tutta la sua vocina sperando che l’indaffarata creatura si accorgesse di lui.
“Ohibò! Da dove proviene questa vocina stridula che mi solletica le zampe?”
“Da qui giù! Sono proprio sotto una delle sue zampe!” esclamò Ino, ridendo.
“Ahahah, un granello parlante! Ora sì che le ho viste tutte! Buongiorno a te!”
“Io sono Ino e lei?”
“Oceano…al tuo servizio!”, affermò il granchio abbozzando un goffo inchino e facendo sbattere le sue chele.

“Che buffo nome! Cosa vuol dire?”
“L’oceano è il mare più grande che c’è, colmo di meraviglie e di pericoli, lo vedi? E’ qui, di fronte a te, la distesa d’acqua che danza di continuo, sinuosa ed irresistibile.” disse il granchio.
“Meraviglie? Ma è proprio quello che sto cercando! Una in particolare, una tutta mia che mi aspetta ma che non so ancora dove sia…appartiene all’acqua però questo lo so, lo sento, prima credevo fosse nel cielo ma poi ho appreso che lì c’è solo vento e nuvole e lacrime di pioggia”.

“Uhm, dici cose strambe, Ino ma ho imparato che eccetto che per noi granchi, il mondo al di fuori del mare è colmo di creature a cui manca una rotella. Pensa agli umani che se ne stanno su quelle loro lunghe zampe mollicce camminando solo in avanti!”
“In effetti, come darle torto, Signor Granchio…”disse Ino senza capire bene a cosa alludesse il suo nuovo amico.
“Ho da chiederle un favore…”
“Dimmi pure, granello, sei un tipo simpatico, se potrò ti aiuterò volentieri.”

Ino spiegò i suoi propositi e in men che non si dica il granchio lo afferrò con la sua chela e lo condusse fino al mare.
“Sii prudente, granello, spero tu possa trovare quel che stai cercando.”

L’acqua lo accolse in un abbraccio caldo e quieto, docile Ino si fece cullare nei movimenti invisibili di quel liquido blu che si faceva scuro e poi chiaro, fresco, bollente ed a tratti glaciale. Brividi di paura alla vista di enormi pesci dalle bocche più grandi di quelle dei gabbiani scossero Ino e poi ancora brividi di gioia nel vedere alberi di corallo, rossi come il fuoco che aveva visto accendere sulla spiaggia dagli umani nelle notti calde d’estate. 

Attorno a quegli alberi immobili piccoli pesci variopinti giocavano con minuscoli esserini che vivevano aggrappati ai coralli e si aprivano e chiudevano parlando il loro linguaggio segreto con i pesci, così come il cielo faceva con il mare e viceversa.
Ino si sentiva confortato e commosso da quegli incontri, ogni volta che si imbatteva in quelle visioni di dialoghi complici tra esseri tanto diversi si convinceva sempre di più che qualcosa davvero lo attendeva e che una volta visto lo avrebbe riconosciuto. 
Eppure il tempo passava e il mare si faceva sempre più freddo e profondo e lui era solo.

Si sforzava di muoversi nelle onde, girando su se stesso come faceva quando era sulla spiaggia non per evitare di bruciarsi al sole ormai ma per cogliere i moti impercettibili delle acque marine e così sfruttandoli poter viaggiare in quella dimensione d’acqua sconfinata aumentando la possibilità d trovare quel che stava cercando. 

Molte erano le avventure che avrebbe raccontato una volta giunto a destinazione, di quando una balena lo risucchiò tenendolo in ostaggio per mesi tra i suoi denti o di come una spugna marina avesse cercato di dissuaderlo dai suoi intenti e con l’aiuto di un delfino lo avrebbe sostenuto nel ritorno a casa, sulla sua duna. 
Ino però non aveva acconsentito a tornare indietro, doveva raggiungere chi lo stava aspettando ma esisteva davvero?
 Tra quelle acque gelide, in quell’oscurità che pareva non conoscere un fondo, stanco di tanto vagare, un giorno Ino smise di vorticare su se stesso e si lasciò cadere giù, sempre più giù, nel buio del mare.

Chiuse i suoi minuscoli occhi e si disse, triste e sconsolato che in fondo il gabbiano aveva ragione, non si vive che per sé, la vita è un volo solitario e lui che non avendo ali aveva volato a modo suo nell'acqua del mare ora era esausto. 
Toccò il fondo… lì c’erano altri granelli silenziosi, qualche sasso levigato dalle onde e alghe canterine stranamente mute come se avessero compreso la stanchezza di Ino e volessero lasciarlo riposare. 

E poi lei, una strana creatura immobile, somigliante ad una conchiglia che Ino non aveva mai visto prima, rugosa e coperta di un soffice mantello di sottili alghe. 
No, non era immobile, si muoveva come lui impercettibilmente ed aveva una larga bocca, nera fuori e dentro meravigliosamente rosa. Le pareti all'interno erano bianche come nuvole e perlescenti, brillanti. 
Ino non aveva mai visto nulla di più bello, mai nei suoi viaggi e nei suoi sogni più grandi aveva pensato di trovarsi al cospetto di qualcosa di così incantevole.

“Ino, sei tu?” disse quello splendore con voce flautata.
“Come sai il mio nome?”, chiese il granello commosso e stupito.
“Ti aspettavo, piccino mio ,sono Ostrica, non ho fatto che sognarti dacché ho memoria e chiamarti senza sosta…sapevo che un giorno mi avresti raggiunta ed avremmo così compiuto il nostro destino, avvicinati ,lasciati abbracciare.”

Ino prese a girare su se stesso come non aveva mai fatto prima…raccolse tutte le sue forze e con una grazia che lasciò stupiti tutti i pesci, le alghe, i granelli di sabbia, i sassi presenti, sentendosi forte dello sguardo di Ostrica che lo osservava rapita si lasciò scivolare dentro il rosa che l’attendeva.
Lo scoprì tenero e brillante di piccole stelle era l’interno bianco e madreperlato che proteggeva quella sofficità tutta sua.

“Tu sei il mio cielo?” chiese confuso e grato.
“Io sono l’ostrica che si farà perla con te, la morbidezza di cui son composta ti avvolgerà come una coperta e ce ne staremo qui per un tempo infinito a raccontarci tutto quello che è stato prima che la nostra vita iniziasse davvero, prima che io e te ci incontrassimo. E col tempo diverremo una cosa sola.”
“Come faranno un giorno il cielo ed il mare!” esclamò il granello.
“Sì, Ino caro.E quando saremo finalmente un tutt'uno, di noi non resterà che una perla, perfettamente tonda, pregiata e rara che il mio guscio proteggerà per sempre nel fondo del mare”.

Ino sorrise, il gabbiano aveva torto, un giorno il mare e il cielo avrebbero conosciuto la gioia che lui ed Ostrica stavano provando ora e così, sereno si lasciò avvolgere dal tepore del suo cielo-Ostrica e prese a raccontargli di quando era sulla duna, di quanta strada avesse fatto solo per lei e poi dolcemente si addormentò felice.